3 novembre 1924: Il commento alla critica del “The Sun” 4 novembre 1924

Il commento alla critica

W. J. Henderson, Aida inaugura la stagione dell’opera, The Sun, 4 novembre 1924 – Archivio storico Tullio Serafin

Interessante notare come la critica del signor W. J. Henderson dia per scontati alcuni elementi centrali della rappresentazione quali la prassi esecutiva canora ed il repertorio, concentrandosi sulla diversa interpretazione della partitura introdotta da Serafin.
Un’Aida intima e poco imperniata su forti o fortissimi ma che trova, in una lettura completamente musicale, la sua più profonda teatralità. Si evince come il critico all’epoca volesse dilungarsi in una cronaca che trasmettesse in modo semplice e diretto il punto centrale della serata, senza tanti giri di parole e in un modo diretto e quasi televisivo.
Oltre le convenzioni vocali ciò che è messo in particolare evidenza è la nuova ‘chiave’ del M. Serafin e, anche solo per questo, lo spettacolo è consigliato, in quanto ‘diverso’. Poche e sbrigative parole bastano ad inchiodare i cantanti, prigionieri di una convenzione consolidata dal grande impero di Gatti Casazza e dal gusto del tempo, mentre lo sguardo sembra spingersi oltre, verso una lettura critica ed interpretativa che coniuga semplici concetti di grande efficace e concretezza con altri, più approfonditi e dedicati espressamente a ciò che merita più attenzione nell’ambito della pièce. Poche parole dunque ma mirate ed approfondite che mirano a raggiungere il futuro pubblico incuriosendolo e stimolandolo.

 

Di Silvia Campana

 

 

 

 

“Comments on the review”

It is interesting to note how Mr. W. J. Henderson’s review takes for granted some of the central elements of the performance such as the vocal executive practice and the repertoire, focusing instead on the different interpretation of the score introduced by Serafin.
An intimate Aida, not centered on “forte” or “fortissimo”, but which finds, in a completely musical reading, its deepest theatricality. It is evident how the critic wanted to focus on a chronicle that would transmit the central point of the evening in a simple and direct way, without too many words and in almost a television manner.

In addition to the vocal conventions, what is particularly highlighted is M. Serafin’s new ‘key’, and ,even for this only reason, the show is recommended as ‘different’. Few and hasty words are enough to nail the singers, prisoners of a consolidated convention imposed by the great empire of Gatti Casazza and by the taste of the time, while the gaze seems to go further, towards a critical reading and interpretation that combines simple but highly effective and substancial concepts with others, more deep and dedicated to what deserves more attention in the Opera. A few words, then, but targeted and pregnant that aim to reach the public, intriguing and stimulating it.