Settant’anni fa’ Serafin alla Scala con l’Andrea Chénier alla presenza di Giordano

La stagione operistica inaugurata da Serafin con Nabucco, fa risplendere la Scala, dopo il dolore della distruzione.

Ormai, in un periodo storico dove qualsiasi anniversario è occasione per ideare delle celebrazioni, mi soffermo sull’anno 1947, esattamente 70 anni fa. Una data significativa nel rapporto tra Tullio Serafin ed il Teatro alla Scala, ma che trova le sue “fondamenta” già nel 1946.
Il celeberrimo maestro viene nominato direttore artistico del tempio della musica nell’anno forse più significativo per i milanesi e per la musica in generale, e cioè nel 1946-’47. La prima stagione che vede risorgere dopo soli 3 anni il teatro voluto da Teresa d’Austria, realizzato su progetto di Piermarini al posto della chiesa di Santa Maria della Scala, ed inaugurato il 3 agosto del 1778. Macerie troppo dolorose per i milanesi quelle causate durante l’ultima notte di bombardamenti dell’agosto 1943, ma che in maniera frettolosa [per fortuna] vengono sepolte per ridare in breve tempo alla città il proprio teatro. Una grande responsabilità, ma anche un’onore per il maestro Rottanovano intonare nuovamente il “la” o meglio il “Resurrexit” della stagione operistica del Teatro alla Scala come direttore artistico, con il Nabucco di Giuseppe Verdi al posto del discusso Otello di Verdi che doveva essere diretto dal maestro Toscanini.

Teatro alla Scala, Stagione 1946-47, Archivio Teatro alla Scala, Milano

Diciamo che la storia scritta così sembra semplice, ma la fine del 1946 e soprattutto il 1947 per Serafin sono stati anni duri nel rapporto con la Scala, anche a causa di indiscrezioni giornalistiche a cui lui ha prontamente ribattuto, mediante anche una lettera aperta ad una testata giornalistica, conservata presso l’Archivio Storico Tullio Serafin.
Il governo in questo momento storico di “ripresa” bada anche ai simboli che possono, in qualche modo, unificare il Paese. Il Teatro alla Scala di Milano, inaugura la prima stagione del dopoguerra con un grande concerto diretto da Arturo Toscanini, tornato appositamente dall’America dove si era autoesiliato per sfuggire al fascismo. È l’11 maggio, e sarà una serata memorabile anche per tutti gli italiani che ascoltano la radio. Quando l’orchestra e il coro attaccano il “Nabucco”, nel grande teatro ancora odoroso di vernice, piangono tutti. Ma come già scritto la stagione operistica viene aperta il 26 dicembre dal Maestro Serafin, con il Nabucco di Giuseppe Verdi, sebbene comunque il maestro avesse già diretto il 20 dicembre e perciò poco giorni prima, un concerto sinfonico-vocale con protagonisti: la giovane Renata Tebaldi (che fece il suo debutto alla Scala con Toscanini proprio durante il concerto inaugurale), Cesare Siepi, Nicola Rossi Lemeni e Giovanni Malipiero, con musiche di Wagner e Verdi.
La stagione operistica perciò, inizia con Nabucco di Giuseppe Verdi diretto dal maestro Serafin e non con l’Otello diretto da Toscanini, come la locandina del teatro annunciava [vedi foto allegata]. Una ricca programmazione quella del ’46-’47, che vede Serafin impegnato, oltre che per l’opera verdiana, anche in: “Cenerentola” di Rossini, “La dannazione di Faust” di Berlioz, “Andrea Chènier” di Giordano (opera che ci ha suscitato l’interesse per questo articolo che esce in concomitanza con l’inaugurazione della stagione 2017-2018), il balletto “Pétrouchka” di Stravinskij, “Peter Grimes” di Britten, “I maestri cantori di Norimberga” di Wagner. Nella stessa stagione il teatro proponeva: “L’oro” di Pizzetti da lui stesso diretto, “Il cavaliere della rosa” di R. Strauss direttore Panizza; “Lucia di Lammermoor” di Donizetti direttore Panizza; “Sansone e Dalila” di C. Saint-Saens direttore Perlea; “Haensel e Gretel” di Humperdinck direttore Guarnieri; “Follie Viennesi” di G. Strauss balletto diretto da Rivoli, “Bolero” di Ravel direttore Malatesta; “Tristano ed Isotta” di R. Wagner direttore De Sabata, “Manon” di Massenet direttore Guarnieri; “Don Carlo” di Verdi direttore Previtali; “Giovanna d’arco al rogo” di Honegger direttore Sacher; i balletti “La follia di Orlando” di Petrassi e “Evocazioni” di Pick diretti entrambi da Mangiagalli; “Bohème” di Puccini diretta da Failoni; “Così fan tutte” di Mozart direttore Perlea. La stagione si conclude il 25 ottobre 1947 alle ore 16 con il saggio di danza, dove tra le allieve del primo anno troviamo una fanciulla dal nome Carla Fracci.
Ma veniamo a Tullio Serafin, chiamato alla Scala nel 1946 da Antonio Ghiringhelli per ricoprire il ruolo di direttore Artistico. Un Serafin scaligero da più di trent’anni voluto proprio dal maestro Toscanini, ma in quella stagione qualcosa non andò nel verso giusto. Era Toscanini che doveva dirigere l’Otello come apertura della stagione dopo la seconda guerra mondiale, non Serafin con il Nabucco. Cosa successe? Le ipotesi furono diverse, tra cui quella che: “Serafin non aveva risposto ad un telegramma di Toscanini, che a sua volta s’inquietò, ed accuso il direttore artistico di disattenzione e non volle più saperne di Otello”. Da questo momento varie furono le vicissitudini, si parla anche di un’intervista a Toscanini molto “tagliente” nei confronti di Serafin, ma scritta in terza persona dal giornalista ed è proprio per questo motivo che Serafin non ci pensa due volte nel replicare. Siamo a martedì 25 febbraio 1947 e Serafin riferendosi a questa intervista conclude le sue dichiarazioni dicendo: “Il mio affetto e la mia ammirazione per Arturo Toscanini sono immutabili: del maestro conservo una lettera nella quale figura questa frase ‘Ti penso nella tua immensa fatica. Non scoraggiarti; anzi farai, come ne sono certo, con più entusiasmo’. E all’apertura della Scala, mi inviava, con un suo telegramma, il suo cordiale augurio”.

Andrea Chenier, 1947. Foto di scena – Atto II. Archivio della Biblioteca “Livia Simoni” del Museo Teatrale alla Scala, Milano

Ma ora soffermiamoci su l’Andrea Chénier di Umberto Giordano, la prima il 22 gennaio 1947, con un cast d’eccezione dove spicca il nome di Beniamino Gigli nel ruolo di Andrea Chénier, che già aveva interpretato il ruolo sotto la direzione di Serafin nel ’28 all’Academy of Music di Philadelphia e nel 42 al Teatro dell’Opera di Roma. Serata, che vede la presenza tra il pubblico anche di un raggiante Umberto Giordano autore dell’opera e che sostiene con fermezza che quella della Scala fosse la vera celebrazione per i cinquant’anni dell’Andrea Chénier e non quella dell’anno prima al Lirico: “…finalmente riportato nella sua sede naturale la più ricca e fastosa di tutte le sedi del mondo”. Il cast oltre ad un brillante Beniamino Gigli, è composto da altri nomi celebri per l’epoca che, in modo sempre molto garbato e nobile, trovano il consenso da parte della critica [fonti dall’Archivio storico Tullio Serafin]. Si parla dei cantanti, si parla delle luci, delle scene e naturalmente si conclude con il maestro Serafin, che già dalle affermazioni di Giordano ci lasciano intuire come la rappresentazione scaligera superasse quella del Lirico dell’anno precedente, grazie proprio alla sempre pronta “bacchetta magica” dell’ormai illustre maestro.

 

“E’ sottinteso, e avremmo dovuto dichiararlo subito, che l’artefice primo dello spettacolo è stato il direttore e concertatore Tullio Serafin, la cui opera attenta e meticolosa, e dove occorreva concisamente appassionata ha conseguito un lodevole equilibrio fonico ed espressivo anche nei punti più mossi e disagevoli della partitura.”

Attento, meticoloso, appassionato, aggettivi che come già scritto in precedenti articoli, troviamo spesso a corredo della lunga carriera del maestro Serafin, il quale in quegl’anni dirige diverse opere con la presenza in sala del compositore [immagino lo stress psicologico o la tensione di Serafin nel cercare di essere più coerente possibile con ciò che vuole il compositore, che si trova seduto dietro di lui per ascoltare la preparazione della ‘sua’ opera]. Serafin, stacanovista nello studio e nella preparazione, che non si distingue o passa alla storia per i toni “duri” verso gli artisti o per scenate “schizzofreniche” (per fortuna), ma che si distingue, invece, per l’attento studio della partitura, dello spartito canto-piano e la volontà di avere nel cast una voce piuttosto che un’altra, fino al punto di arrivare a spostare anche la data di una ’prima’ come ad esempio per la Traviata in scena durante la stessa stagione. Dimostrazione, quindi, di un esempio di coraggio: posticipare la produzione dell’opera Traviata di Verdi perché non si trovava la voce adatta per la sostituzione dell’inferma cantante principale, ossia la Carosio. Comportamento questo che evita il fatto di dover per forza portare in scena (dove non ci sia un doppio cast) una cantante non adatta al ruolo, quindi una scelta troppo rischiosa sia per il teatro che per l’eventuale artista che non sia all’altezza per vari motivi (poca esperienza, voce non adatta e così via). Anche il maestro Toscanini fu costretto a posticipare la prima di alcune opere per motivi artistici del cast e questo viene ribadito dal maestro Serafin nella famosa lettera di risposta ad un giornalista e pubblicata in un quotidiano del tempo (conservato in Archivio storico Tullio Serafin) che si scagliò contro la decisione del maestro Veneto.
Insomma, un’Andrea Chénier riuscito quello del ’47, e speriamo che anche quello di stasera, dopo settant’anni dalla recita diretta da Serafin, passi alla storia per il livello del cast e la dotta bacchetta di Chailly e non per colpi di scena ormai attesi dalla maggior parte dei media.

 

Tullio Serafin e l’Andrea Chénier di U. Giordano:

  • 12 novembre 1924 Teatro San Carlo di Napoli; 6 recite
  • 20 febbraio 1925 Academy of music di Philadelphia; 1 recita
  • 4 febbraio 1926 e successivamente 17 novembre 1926 Metropolitan di New York; 4 recite
  • 14 dicembre 1926 Academy of music di Philadelphia; 2 recite
  • 3 novembre 1927 Metropolitan Opera di New York; 5 recite
  • 30 ottobre 1928 Academy of music di Philadelphia; 1 recita
  • 5 novembre 1928 Metropolitan Opera di New York; 3 recite
  • 24 agosto 1937 Teatro Municipal di Rio de Janeiro; 2 recite
  • 15 agosto 1938 Teatro Municipal di Rio de Janeiro; 2 recite
  • 3 marzo 1942 Teatro dell’Opera di Roma; 7 recite
  • 22 gennaio 1947 Teatro alla Scala di Milano; 4 recite
  • 10 aprile 1954 Teatro San Carlo di Napoli; 3 recite
  • 18 e 20 settembre 1954 Registrazione per EMI (33 giri) con: Maria Callas e la Philarmonica Orchestra di Londra, presso la Citi Hall di Watford;
  • 1961 Registrazione Radio Corporation of America (33 giri), con: J. Vickers, coro ed orchestra del Teatro dell’Opera di Roma. “Un dì all’azzurro spazio” e “Come un bel dì di maggio. Teatro dell’Opera di Roma

 

Fonti:

  • “Tullio Serafin il patriarca del melodranna” di T. Celli e G. Pugliese
  • Articoli conservati presso l’Archivio storico Tullio Serafin
    Archivio del Teatro alla Scala
  • Corriere della sera

 

Di Andrea Castello