
L’addio ad Alfio Sulterni ed il trionfo di TULLIO SERAFIN
Il 26 dicembre giorno fortunato del grande direttore d’orchestra.
Alfio Sulterni dà l’addio alle scene, o meglio al podio, proprio il 26 dicembre 1902 per lasciare il posto al suo successore ossia al maestro Tullio Serafin che da quel giorno proseguì ininterrottamente fino al 1964.
Il 26 dicembre 1902 è una data importante per il maestro Tullio Serafin perché in quel giorno inaugurò la stagione del Teatro Verdi di Ferrara con “I lombardi alla prima crociata” di Verdi e subito dopo diresse “Germania” di Franchetti e “Aida” di Verdi. Una data importante che segna il trampolino di lancio del maestro, anche se il debutto di Serafin, era avvenuto qualche mese prima al teatro Reinach di Parma (teatro per spettacoli di prosa e di lirica e anche cinema, distrutto nel 1944 dai bombardamenti angloamericani), con “L’elisir d’amore” di Donizetti.
Dalle ricerche effettuate sul materiale dell’archivio e sui libri a Lui dedicati, intuisco come per Serafin fosse stato importante il debutto ferrarese e il motivo cercherò di illustrarlo in questo articolo.
Tullio Serafin prese in mano la sua bacchetta, la “bacchetta magica” come venne in seguito nominata, nel 1898 dirigendo il “Don Pasquale” e “L’elisir d’amore” entrambe opere di Donizetti alla Sala Follia di Milano, ma con un particolare: il maestro dirige con lo pseudonimo Alfio Sulterni, nome da lui stesso creato anagrammando il proprio nome e cognome, essendo un appassionato di enigmistica. Il ventenne Serafin dimostra fin da subito particolare astuzia, ma anche ambizione, nel volere dirigere e nel volere accelerare i tempi. Perché non dirigere fin da subito con il nome “Tullio Serafin”? Il motivo è noto. Serafin non aveva ancora ottenuto il diploma in viola e quindi non poteva assolutamente assumere incarichi al di fuori del Conservatorio. Era lo stesso Conservatorio che concedeva ed incoraggiava a suonare nelle orchestre, ma proibiva severamente di presentarsi in pubblico con nome e cognome a titolo personale prima di aver ottenuto il diploma. Serafin non si intimidì e la sua forza di volontà lo indusse a trovare un escamotage di moda in quel periodo, che funzionò molto bene. Anche Arrigo Boito si anagrammò in “Tobia Gorrio” per firmare il libretto de “La Gioconda”. Tutto questo Serafin non poteva raccontarlo a Toscanini, in quanto voleva imparare da lui tutti i segreti del mestiere e dell’arte. Quando Toscanini nel 1901 propose a Serafin di “provarsi a dirigere”, non fu nulla di nuovo per lui, perché era già stato sperimentato tre anni prima, con successo che Serafin si attribuì.
Il 26 dicembre è anche un giorno importante per Serafin, in quanto nel 1898, incominciò come “prima viola sostituta” nella stagione 1898 – 1899 alla Scala di Milano sotto la direzione di Arturo Toscanini. L’opera “osata”, così la definì Serafin, era “I cantori di Norimberga” di Wagner.
Intanto nel 1901, Serafin si diploma in composizione. In questo anno scaturì la vera passione per Wagner, durante l’esecuzione dell’opera “La Walkiria” in programma alla Scala per l’inaugurazione di Santo Stefano e diretta da Toscanini. Ancora il 26 dicembre!
Nel 1902 mentre Serafin si accingeva a riprendere il suo lavoro di sostituto alla Scala, venne raggiunto da una proposta. Si trattava di una scrittura come direttore d’orchestra presso il Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Ferrara. Fu Giulio Gatti-Casazza, che nutriva per Serafin grande stima, a proporre il maestro a suo padre Senatore Gatti-Casazza, presidente allora del teatro di Ferrara. Tra le opere in cartellone c’era “Germania” di Franchetti, opera per cui Serafin era considerato uno specialista dopo la “gavette” che fece in occasione di due esecuzioni. La prima, durante l’esecuzione presso il teatro alla Scala l’11 marzo 1902 e che Serafin osservò dalla buca dell’orchestra; la seconda, quando Serafin firmò la regia dell’opera a Trento. La regia di Trento fu resa possibile grazie a Toscanini che invito il suo ex impresario Piontelli (poi impresario di Serafin) alla Scala, e lo esortò a guardare il lavoro di Serafin dal palcoscenico.
I requisiti ci furono tutti: Serafin doveva essere a Ferrara a guida della stagione di un teatro “non facile” come il maestro stesso definì; un pubblico d’intenditori, raffinato ed intelligente che forse più che “I Lombardi alla prima Crociata” ed “Aida”, aspettava “Germania” di Franchetti, compositore ebreo. Non è da escludere che, l’influente colonia ebraica della città avesse influito sul Senatore Gatti-Casazza nel mettere in cartellone “Germania”. Il 26 dicembre Serafin salì sul podio ferrarese e diede il definitivo saluto ad Alfio Sulterni. Il mondo della musica da questo momento può aggiungere nella sua folta enciclopedia il nome TULLIO SERAFIN, che appoggiò la bacchetta solo nel 1964 a Roma durante la produzione de “I Maestri Cantori di Norimberga”.
I “Lombardi” non ebbero un gran successo (così afferma Serafin), per colpa di un giovane basso. E “Germania”, l’opera forse più attesa per le motivazioni che ho scritto pocanzi?
Compagnia pronta con artisti che arrivarono a Ferrara circa venti giorni prima, un buon soprano fiorentino ed un tenore che prima di diventare cantante era calzolaio. Ma la cosa più curiosa, che sicuramente distingue Serafin durante tutta la sua carriera è che: la parte al tenore gliel’aveva insegnata lui stesso, a casa sua a Milano. Anche oggi si usa che un direttore insegni la parte ad un cantante a casa propria? Vorrei conoscerli questi direttori e stringere loro la mano!
Dopo il primo testamento musicale nell’insegnare lui stesso la parte al cantante, abbiamo un altro episodio che dimostra la determinazione del maestro Serafin, mutuato anch’esso quasi sicuramente dal maestro Toscanini. La prova generale di Germania, non si può fare! Serafin aveva suggerito all’impresario di non programmare la prova generale fino a quando non fosse arrivato da Milano il “macchinismo” necessario alla scena. L’impresario rassicurava il maestro Serafin che questo era fermo alla stazione di Ferrara, ma il direttore, arrivati alla generale con tutto il cast e l’orchestra pronta non si fece trovare. Uno scandalo per la città, dove regnava già il malcontento per la chiusura del teatro. L’ordine pubblico era in subbuglio per la decisione del giovane Serafin di non eseguire e posticipare la generale, tanto che non poteva passare davanti ad un bar senza sentire i commenti negativi verso di lui. Anche oggi succede tutto questo se viene spostata una generale? Ho i miei dubbi.
“Signor maestro, lei è ancora giovane, e non sa che ne va del prestigio della commissione del teatro”. Così Gatti-Casazza si esprime con Serafin. Ma Serafin con quella determinazione salda ribatté dicendo: “Signor senatore, mi rendo conto delle sue preoccupazioni; ma lei deve rendersi conto, a sua volta, che se lo spettacolo va male, ne va di mezzo non solo il mio prestigio ma tutta la mia carriera”. La prova venne spostata all’arrivo della scenografia necessaria, l’opera andò in scena e fu acclamatissima, placando così il malcontento tra i ferraresi. Successo anche per ”Aida” di Verdi. Insomma, la strada per Serafin era sicura, delineata anche dal carattere del maestro: deciso, cocciuto, dedito alla musica ed alla preparazione scrupolosa dei cantanti ed alla sicurezza che ci fosse tutto l’occorrente per andare in scena con la maggior professionalità. Caratteri questi che definisco come un testamento per le attuali generazioni di musicisti, in opposizione al “pressapochismo” che a volte si nota in alcune produzioni dei giorni nostri.
Il 26 dicembre fu una data importante anche ventidue anni più tardi.
Era il 26 dicembre del 1934 quando al Teatro dell’Opera di Roma andò in scena la prima ripresa in tempi Moderni de “L’Orfeo” di Monteverdi, nella trascrizione ritmica e nella strumentazione del maestro Giacomo Benvenuti. E’ corretto ricordare questa data non solo per l’anniversario di settantatre anni fa, ma anche perché quest’anno ricorre il 450°anniversario dalla nascita di Monteverdi. L’Orfeo è tra le opere più eseguite nel 2017 proprio per l’anniversario Monteverdiano. Anche il Teatro Olimpico di Vicenza dopo sessant’anni (produzione allora del teatro alla Scala di Milano) l’ha rappresento con successo e, per l’occasione, è stata inserita tra le prime pagine del libretto la foto della partitura che il teatro dell’Opera di Roma donò a Serafin nel 1934, ora conservata presso l’Archivio storico Tullio Serafin. Il 26 dicembre 1934 Tullio Serafin diresse al teatro dell’Opera di Roma, ricevendo anche il doppio incarico di direttore artistico e direttore principale fino al 1943. Inoltre, venne nominato direttore dell’Augusteo.
Dalle parole di Franco Liberarti rivolte al Messaggero il 2 novembre 1934, possiamo confermare quanto fosse stimato il maestro Serafin in Italia ed in questo caso a Roma, dopo il suo successo Newyorkese: “ Nella mia lunga carriera teatrale, non avendo mai veduto un maestro direttore d’orchestra, come Tullio Serafin, prodigarsi con maggiore passione a tutte le cose, grandi e piccole, che riguardino l’organizzazione d’una stagione teatrale. Di tutto egli da settembre a oggi si è occupato con ardore instancabile, di cui tutti noi del Comitato siamo rimasti ammirati”. (L’articolo completo è conservato in originale presso l’Archivio storico Tullio Serafin)
Ancora una volta, parole come: ardore, passione, instancabile, si presentano a delineare e a definire la carriera di Tullio Serafin, che proprio in quell’anno terminò la guida musicale al Metropolitan Opera di New York con l’esecuzione di Peter Ibbetson di Taylor, lasciando la “metropoli di musicisti” nello sconcerto totale.
“L’Orfeo mirabilmente eseguito a Roma sotto la guida sapiente ed appassionata del maestro Serafin”, così recita un articolo del ‘Corriere della Sera del 27 dicembre 1934. “Il Teatro era gremito. Prima che si aprisse il velario nei palchi laterali di Corte sono apparsi i Sovrani con la Principessa di Piemonte, la Principessa Maria di Savoia e i Principi di Savoia. Il pubblico li ha acclamati mentre l’orchestra eseguiva la Marcia Reale e “Giovinezza”. Quindi è cominciato lo spettacolo che ha gradatamente conquistato l’ammirazione del pubblico, il quale alla fine di ogni atto ha chiamato più volte alla ribalta con grandi applausi il maestro Serafin con tutti gli esecutori ed il maestro Benvenuti” (Il Corriere della Sera del 27 dicembre 1934).
Dopo quelli del 1898, del 1902 e del 1934 non sono da dimenticare anche altri significativi “26 dicembre” importanti per Tullio Serafin. Uno tra i tanti, la prima esecuzione italiana di “Figli di Re” di Humperdinck a Milano al Teatro alla Scala nel 1911. Naturalmente, come già citato in un precedente articolo dedicato all’inaugurazione del Teatro alla Scala del 7 dicembre, è doveroso ricordare infine il 26 dicembre 1946. Una data importante per la storia della musica Italiana che vede “risorgere” la stagione operistica del teatro alla Scala dopo le distruzioni dovute alla seconda guerra mondiale. La stagione venne inaugurata da Tullio Serafin con il “Nabucco” di Giuseppe Verdi, a differenza di quanto annunciato in locandina con “Otello” diretto da Toscanini.
GLI ALTRI 26 DICEMBRE DI SERAFIN
- 26 dicembre 1903, Teatro Lirico di Milano, La Bohéme di Puccini e Coppelia di Delibes
- 26 dicembre 1906, Teatro la Fenice di Venezia, La damnation de Faust di Berlioz
- 26 dicembre 1914, Teatro Carlo Felice di Genova, Manon di Massenet
- 26 dicembre 1923, Teatro Regio di Parma, Carmen di Bizet
- 26 dicembre 1934, Teatro dell’Opera di Roma, L’Orfeo di Monteverdi
- 26 dicembre 1935, Teatro dell’Opera di Roma, Iris di Mascagni
- 26 dicembre 1936, Teatro dell’Opera di Roma, Lohengrin di Wagner
- 26 dicembre 1938, Teatro dell’Opera di Roma, La figlia del re di Lualdi
- 26 dicembre 1940, Teatro di San Carlo di Napoli, Falstaff di Verdi
- 26 dicembre 1946, Teatro alla Scala di Milano, Nabucco di Verdi
- 26 dicembre 1947, Teatro la Fenice di Venezia, Falstaff di Verdi
Fonti:
Per la cronologia delle direzioni di Serafin
- “Grandi Maestri della Scala”, ed. Musica classica, Milano per la Scala (Cronologia a cura di Carlo Marinelli Roscioni)
- Tullio Serafin, il patriarca del melodramma, di Teodoro Celli e Giuseppe Pugliese. Dal testo sono stati estratti alcuni punti dell’intervista fatta a Tullio Serafin nel 1960.
- Archivio storico “Il Corriere della sera”
- Archivio storico Tullio Serafin
di Andrea Castello

